L’invidia: pena e dannazione.

Prima, nel mondo antico, l’avversario poteva essere combattuto e insieme ammirato, poteva essere ucciso e al tempo stesso riconosciuto nel suo valore. C’era un forte antagonismo ma c’era anche il riconoscimento dell’altro.

Poi è arrivato il cristianesimo, e si è diffuso il principio di uguaglianza fra tutti gli uomini con l’effetto collaterale dell’incapacità di riconoscimento del merito e del successo degli altri. E’ nata quindi la via “giuridica” liberale: l’uguaglianza di diritti per tutti di fronte alla legge.

Poi è arrivato il marxismo, e si è ritenuta necessaria anche l’uguaglianza economica in modo da poter disporre tutti delle stesse opportunità per raggiungere la vera uguaglianza. E’ nata quindi la via “economica” socialista: l’uguaglianza di diritti per tutti di fronte ai bisogni.

Si è creata così una forma esasperata di uguaglianza per diritto di nascita, accolta e fatta propria da uomini senza orgoglio e senza dignità, tendenti unicamente alla soddisfazione dei propri bisogni ed all’ostacolamento dell’espansione degli altri, incapaci di espandere loro stessi.

E’ nata l’invidia.

L’invidia non valorizza, è inutile; rabbuia ed impoverisce il mondo, è dolorosa; è nascosta, ed è senza possibilità di conforto.

L’invidia è pena e dannazione.

I vizi capitali ed i nuovi vizi – Umberto Galimberti 
Dizionario dei vizi e delle virtù – Salvatore Natoli 
Dipinto: Angelo Bronzino (1503-1572)